di Umberto Lorenzini
Scienza e tecnica nella Grecia e Roma Antiche e Medioevo
Prima di iniziare questa sezione, riprendo il discorso della precedente Premessa – per il suo completamento. Riprendendo quindi dal sofista Protagora, il quale per primo affermò che su tutte le cose ci sono due ragionamenti l’uno opposto all’altro (peri pantòn tòn Krématon dùo lògous einai antikeiménous allelous). Al posto di ragionamenti si possono usare le accezioni punti di vista, concezioni, teorie o anche ipotesi; anche se il dantesco maestro di color che sanno considera la sofistica una sapienza apparente, che in realtà non è, mostrerò come questa precedente affermazione ha trovato riscontro nello sviluppo della scienza fisica. Già nei presocratici c’è un bell’esempio: Eraclito di Samo (circa 520 ÷ 460 a.C. ) già soprannominato dalla tradizione l’oscuro afferma che tutto cambia (il famoso panta réi), che in sostanza esprime il perpetuo divenire di tutte le cose; mentre Parmenide di Elea ( vissuto fra il 530 e il 440 a.C.) afferma che nulla cambia (qualche storico o filosofo della scienza ci vede una anticipazione dei concetti scientifici moderni di conservazione della materia e dell’energia). Peccato che delle loro opere (Sulla natura – solito titolo! – e Intorno alla natura) ci siano rimasti solo frammenti (140 per Eraclito; un lungo frammento della prima parte e altri scarsi frammenti per Parmenide). Si possono ritenere entrambe vere anche se opposte? Si può rispondere con un si: come ci dice la fisica moderna, rilevano due aspetti, contraddittori – o meglio complementari, come vedremo subito – ma reali, della realtà del mondo fisico. Si pensi alla teoria corpuscolare della luce, da parte di Newton; ed alla teoria ondulatoria della luce, da parte di Christiaan Huygens ( l’Aia, 1629 ÷ 1695). In tempi più recenti quella di Einstein sui quanti di luce o fotoni (ognuno di energia E= h•ν , dove h è la costante di Planck uguale a 6,6626 • 10 -34 joule secondo e ν la frequenza), e la luce come onda elettromagnetica di James Clerk Maxwell (Edinburgo 1831 – Cambridge – dove nel 1871 divenne primo titolare della cattedra Cavendish di fisica sperimentale e dal 1874 anche direttore del laboratorio Cavendish; 1879).
di Piliero Massimiliano
La termografia permette, sfruttando le proprietà di alcuni dispositivi, di rivelare l’intensità della radiazione nella zona termica dello spettro elettromagnetico, definita come “la regione dell’infrarosso”.
Spettro della luce visibile
I nostri occhi si sono evoluti in modo da individuare la radiazione elettromagnetica che costituisce lo spettro della luce visibile compresa tra 380 nm e 760 nm; tutte le altre forme di radiazioni elettromagnetiche, come ad esempio gli infrarossi, sono invisibili alla nostra visione.
di Giorgio De Vita
Lo scienziato fisico americano William Shockley, nato a Londra nel 1910 ma vissuto sin da bambino in California, era coordinatore di un gruppo di ricercatori dei laboratori Bell: nel gennaio del 1948 inventò e realizzò il primo transistor a giunzione.
In pratica questo nuovo componente elettronico nacque da un’evoluzione del transistor “a punte metalliche” (contatti puntiformi) realizzato il mese precedente da Walter Brattain e John Bardeen, collaboratori di Shockley. A tutti e tre fu attribuito il premio Nobel per la fisica, nel 1956.
Shockley con Walter Brattain e John Bardeen
William Shockley
Storicamente, dunque, il primo transistor fu quello a punte, ma risultò fin da subito che i suoi non trascurabili difetti, in termini di “rumore” e stabilità, ne avrebbero limitato fortemente le possibilità di utilizzo commerciale. Tali limiti furono superati, appunto, dal transistor “a giunzione” ideato da Shockley.
Evitando di addentrarsi negli aspetti più tecnici, riservati agli specialisti, si può descrivere questo componente, in maniera volutamente elementare, come un insieme di tre strati adiacenti di cristalli di elementi semiconduttori, trattati alternativamente con elementi del 3° e 5° gruppo della tabella degli elementi. In origine, come semiconduttori, si usavano germanio e silicio : adesso, solo il silicio.
Cari Colleghi e Colleghe,
Vi confesso che mai avrei pensato che un giorno mi sarei ritrovato a scrivere l’articolo di presentazione del primo numero di un giornale, tanto più del giornale dell’Ordine degli Ingegneri di Pistoia che ho l’onore di rappresentare.
Mi sento tuttavia il dovere di spiegare perché il Consiglio dell’Ordine, assieme agli amici e colleghi della Commissione Cultura, abbia ritenuto valesse la pena di dare vita a questo progetto.
Nel suo piccolo questo giornale avrebbe l’ambizione di essere una piattaforma, completamente interattiva, dalla quale possa nascere uno scambio culturale/professionale legato al nostro mondo ingegneristico e al tempo stesso, aperto a 360 gradi anche all’esterno.
Un giornale in cui possiamo scrivere per riflettere prima di tutto ma anche per comunicare qualcosa, per dibattere, per proporre nuove idee, nella speranza che questo possa essere un punto di inizio. Di che cosa, lo vedremo strada facendo.
Un Ordine professionale, come quello degli Ingegneri, è cosa importante. E’ costituito da un insieme di persone che, dopo un corso di studi lungo ed anche impegnativo, esercitano una professione, non soltanto per loro stessi ma, soprattutto, per gli altri.
Gli Ingegneri sono chiamati, da che mondo è mondo, a risolvere i problemi o a tentare di risolverli, da quelli più semplici a quelli assai complessi. Sono abituati ad individuarli, a circoscriverli, ad elaborare ipotesi di lavoro, a proporre soluzioni, a verificarle, e, infine, a condividerle con gli altri, con la società.
L’ingegnere, uomo o donna che sia, è persona affascinata dal mondo. Curiosa, attenta, laboriosa, è (o dovrebbe essere …) persona di cultura: mi riesce difficile pensare all’Ingegnere come persona ignorante ovvero che “ignora”, nel senso latino del termine. Non può esserlo, quasi per definizione.
Sono stato eletto, per la prima volta, consigliere dell’Ordine l’anno scorso ed ho acquisito il titolo di “consigliere anziano” (che, in certi ambiti, vuol dire vecchio … spero non di cervello …): come tale, ho proposto al Consiglio una Commissione Cultura, che non era mai esistita. Confesso che ero un po’ preoccupato all’idea che la proposta potesse essere accettata dal Presidente e dagli altri consiglieri perché già esistevano Commissioni ben organizzate e dal passato glorioso: notule, strutture, urbanistica, impianti, ed altre ancora.
Anche se non ce ne accorgiamo, la metrologia legale fa parte della nostra vita di tutti i giorni: quando facciamo la spesa, quando ci riforniamo di carburante, ed in altre occasioni in cui acquistiamo beni o servizi.
Uno degli elementi che più risultano importanti al giorno d’oggi nella selezione del personale e nelle richieste di lavoro è la Patente Europea del Computer, chiamata anche con l’acronimo di ECDL (in inglese European Computer Driving Licence).
L’ECDL è un attestato che riconosce le capacità di una persona nel saper utilizzare il personal computer, classificandone le competenze e le conoscenze; questo attestato è utile in tutti i settori lavorativi ma anche in quelli scolastici. A tal proposito ne è un esempio la domanda di inserimento nelle graduatorie di terza fascia nelle scuole per il personale ATA; infatti possedere un attestato ECDL conferisce al candidato punteggio.
Il diploma è chiamato Patente Europea del Computer in quanto deve essere uniforme in tutti i paesi della Comunità Europea, caratteristica che ne conferisce la circolarità del titolo; l’ECDL si rivela soprattutto un attestato imparziale, in quanto è garantito da un sistema che ne attesta la qualità a livello europeo.
L’ECDL è articolato in un’ampia gamma di certificazioni che permettono di attestare la competenza d’uso con varie specializzazioni e su diversi livelli di approfondimento.
La serie di articoli su “Genesi nascita e sviluppo del pensiero scientifico moderno”, si articolerà nel modo seguente:
Oggi pubblichiamo il primo articolo, che fa da premessa all’intero saggio.
Il Paleontologo Yves Coppens mostra un’amigdala, un utensile di pietra scheggiata fabbricato dall’uomo mezzo milione di anni fa (Foto di Pino Guidolotti)
Nell’avventura dell’uomo, avventura che data – se vi si comprende la fase di speciazione – da circa 3,5 milioni di anni fa (partendo da australopithecus afarensis, la famosa Lucy: così denominato nel 1964 da Louis Leakey sulla base di reperti fossili ritrovati precedentemente ad Olduvai – nella valle di Afar – in Tanzania; attraverso homo habilis di 1,8 milioni di anni fa, la prima specie appartenente al genere homo, continuando con homo erectus, fino ad homo sapiens attuale apparso sempre in Africa orientale 350.000 ÷ 300.000 anni fa – attualmente la sola specie appartenente al genere homo; ma fino a circa 35.000 ÷ 30.000 anni fa ha convissuto con l’altra specie del genere homo: homo neanderthalensis, che si è estinto intorno a quella data. Fra l’altro questa specie aveva una costituzione più robusta, anche se più primitiva, e una maggior capacità cranica. Reperti archeologici, da quello di Neandertal in Germania e specie in Portogallo, hanno permesso di appurare a paleontologici e genetisti che il nostro patrimonio genetico è un misto di quello delle due specie), niente c’è di più grande e straordinario della storia di Roma.
Neppure di oltre 3 millenni dell’affascinante civiltà egizia; né la gloria militare (si ricordino le sue vittorie contro i Persiani invasori), né la luce della civiltà che la Grecia ha saputo creare (senza ovviamente prescindere dal contributo delle civiltà mesopotamiche a questo eccezionale sviluppo).
Roma è stata l’erede naturale della Grecia e con la forza delle sue armi praticamente invincibili (molti storici si sono chiesti cosa sarebbe accaduto – fra questi Tito Livio – se dopo la battaglia di Canne del 216 a.C. Annibale si fosse diretto contro la città di Roma: risposta di Livio in linea con l’audacia, la tenacia, la fierezza e lo spirito romani: in Roma ci sarebbero stati altri generali non meno valorosi di Lucio Emilio Paolo e di Terenzio Varrone! Domanda più o meno analoga a quella se Napoleone avesse vinto a Waterloo) ha conquistato praticamente tutto il mondo conosciuto, in nemmeno tre secoli (senza considerare il periodo dedicato alla conquista del Lazio e dell’Italia).